Postfazione

Questo lavoro di Luca Poma è un saggio all’avanguardia, che descrive con chiarezza e lucidità gli infiniti pericoli – e qualche utilità – dell’affermarsi di quello che Lui ribattezza il nostro “digital body”.

Ben documentato sul piano scientifico, può essere di sicuro aiuto allo sviluppo della capacità di critica e di giudizio dei giovani – e anche dei meno giovani – mettendoli in guardia da pericoli quali il furto dell’identità, l’identificazione cannibalica e la proiezione della violenza; importante quindi soprattutto a livello educativo, per lo sviluppo di maggior consapevolezza sui pro e contro di una straordinaria innovazione tecnologica qual è il web, che deve essere sempre più studiata e utilizzata con intelligenza, cogliendone i benefici sulla nostra vita quotidiana, ma anche valutandone con spirito critico i danni potenziali, e prendendo le più opportune contromisure.

Tutte le grandi novità – specie quelle tecnologiche – hanno segnato passaggi conflittuali tra tradizione e innovazione, generando nella maggior parte dei casi un processo di “amalgama” fluida, una spirale in grado di preservare e sviluppare la vita e la crescita personale e collettiva.

Un esempio tra i tanti, che mi pare utile ricordare: la nascita del cinematografo, antesignano di tutti i moderni strumenti di libera comunicazione, nato a Parigi il 28 dicembre del 1895 a opera dei Fratelli Lumiére.

Già allora, l’orizzonte teorico-interpretativo sociologico e semiotico ci lasciava intravedere la pluralità e la diversità dei punti di vista a riguardo, e alcune delle problematiche relative all’uso del cinematografo, emerse successivamente e delle quali c’è ampia traccia nella letteratura scientifica, che pochi anni dopo, cerca di valutare “gli effetti” della fruizione filmica sullo spettatore.

È di esattamente un secolo fa, 1915, il lavoro Il cinematografo nel campo delle malattie mentali e della criminalità del professor Masini, dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Genova, e del 1918 Cinematografia e criminalità, nella Gazzetta Internazionale di Medicina e Chirurgia, del professor Vitelli.

Più tardi, nel 1947, un gruppo di psichiatri americani, in un messaggio al Presidente americano Truman, comunicavano –traendo conclusioni da un certo punto di vista sorprendenti – un dato preoccupante: “Quasi tutti gli alienati mentali e gli anormali sono degli assidui frequentatori del cinematografo”.

Il critico Brunetta definiva questa produzione, che correlava la visione filmica a disturbi psichici, cardiaci e sessuali ed era animata da visioni apocalittiche e moralistiche, come appartenente niente meno al genere della “psico-cardio-sessuo-patologia filmica”.

Agli operatori del tempo va comunque il merito di aver prestato un’attenzione particolare a fatti sociali nuovi, a partire dai quali altri hanno poi colto l’indicazione per indagare dal punto di vista scientifico diversi parametri complessi inerenti la visione filmica.

In psicofisiologia sperimentale, infatti, si è cercato in seguito di indagare sempre più a fondo su “cosa si prova” di
fronte a un film o una trasmissione televisiva, una pubblicità, o – perché no, ai giorni nostro – a un Blog: che cosa si ricorda, quali sono gli effetti immediati, quali le conseguenze per i tempi di esposizione e la partecipazione – solitaria o in compagnia – con commenti e valutazioni. In questo libro s’indaga sul nuovo fenomeno del corpo digitale: sostiene giustamente Poma – tra le altre cose – che gli utilizzatori dei social media, non capiscono quando è il momento di fermarsi, e oltre quale limite gli strumenti digitali li irretiscono e instupidiscono.

Questo è proprio il problema principale, a mio avviso, della società contemporanea: che tranne rare eccezioni non ha sufficiente capacità di critica e di giudizio, né tanto meno sufficiente consapevolezza degli scenari nei quali è inserita, per potersi difendersi dai pericoli potenziali.

Anzi, in quei pericoli ci si “tuffa” quasi con piacere e goduria, senza rendersi conto delle manipolazioni a cui volontariamente si finisce per sottoporsi.

Allo stesso modo, possiamo e dobbiamo indagare cosa si prova nel essere coinvolti in una connessione digitale continua: non solo relativamente alla variazione dei parametri fisiologicosomatici – pressione, frequenza cardiaca e del respiro, conduzione elettrica cutanea, tono muscolare ecc. – ma anche al vissuto psicologico che accompagna la visione dei messaggi o delle informazioni, perché se è vero che i vissuti che emergono dall’individualità e peculiarità delle risposte sono sempre di difficile valutazione, è altrettanto vero che una descrizione analitica potrebbe essere d’aiuto per individuare caratteristiche comuni e facilitare quindi un’individuazione di classi principali di appartenenza
e risposta.

Come gioca la mente con le immagini e con i suoni? Che relazione c’è tra parola e immagine? Quali leggi governano la complessità di questi processi? Attraverso i nostri sensi, il mondo comunica, ci invia messaggi che noi codifichiamo in un insieme di simboli visuali, verbali, scritti.

Le porte della percezione si aprono, la memoria si attiva, l’apprendimento si organizza: eccoci immersi appieno nel sistema della comunicazione umana. Nell’ambito di questa, la crescita dell’individuo e lo sviluppo della sua personalità fanno – o forse oggi si potrebbe dire facevano – riferimento al “sistema di comunicazione” della famiglia in primis, poi della scuola, degli amici, e in genere della comunicazione sociale, quest’ultima soprattutto determinante nell’infanzia e nell’adolescenza.

Oggi Poma ci interroga provocatoriamente sulle modalità di reazione della mente umana all’enorme quantità di informazione visiva internet nella società di oggi: per esempio, come può reagire la personalità in formazione del bambino e dell’adolescente e quali possono essere gli effetti a breve medio e lungo termine sullo sviluppo psicofisico di noi tutti, sottoposti a questo bombardamento acritico di stimoli che – vanamente – ci illudiamo di controllare?Nell’ambito della comunicazione sociale, la comunicazione per immagini realizzata attraverso il canale televisivo, il cinema e il mondo digitale, com’è noto, esercita un ruolo rilevante non solo informativo, ma anche formativo, influenzando le menti a livello individuale e collettivo, ed è proprio questo il punto che ci ostiniamo a non voler considerare.

Anche il noto genetista Cavalli Sforza, Professore alla Stanford University in California, s’interrogava a proposito: “Il mio lavoro di ricerca sull’evoluzione genetica dell’uomo moderno mi ha convinto che l’evoluzione culturale ne è stata la parte più decisiva. Ma quale sarà il ruolo della selezione nell’evoluzione umana di domani, e quale l’impatto della genetica sul linguaggio sociale di oggi, che propone processi d’involuzione e di sparizione di funzioni e qualità?”.
Anche il contributo interdisciplinare di sociologi, semiologi,mass-mediologi ed esperti di comunicazione digitale, presenta apporti interpretativi di grande rilievo: l’onnipotenza dei media e l’unidirezionalità della comunicazione (J. Boudrillard), il linguaggio chiuso (L. H. Marcuse), l’esposizione selettiva, l’autoselezione, la memorizzazione selettiva (T. Klapper), l’agenda setting (E. Shaw), e tanti altri, incluso quest’ultimo prezioso volume che state leggendo.

Come Medico, ritengo che una maggiore quantità e qualità di dati di psicofisiologia sperimentale e l’approfondimento delle dinamiche relazionali utente-internet – modalità di fruizione, macrogeneri digitali, indici di ascolto e interazione, tempi di esposizione, strategie comunicative, analisi dei contenuti – potrebbe garantirci la possibilità di creare indici di futuro più rappresentativi, come anche l’enucleazione delle problematiche relative all’uso scorretto degli strumenti digitali nella sfera psicomotoria, affettivo-relazionale, cognitiva e sociale potrebbe meglio renderci consapevoli sui fenomeni a breve, medio e lungo termine riguardanti lo sviluppo della personalità.

Inoltre, l’utilizzo del concetto di “corpo digitale” nella videodidattica, potrebbe dimostrarsi utile sia per individuare ciò che in vivo non sarebbe possibile, anche perché le immagini, per la loro complessità e pienezza di significato impressionano e colpiscono più del semplice suono della parola, e si imprimono in noi più profondamente che il linguaggio verbale, e quindi ben si prestano a un più efficace imprinting didattico per sviluppare capacità e potenzialità
motivando all’attenzione e alla riflessione.
Per esempio potremmo tentare di individuare quali sono i siti web in cui il linguaggio della psiche si mostra nella sua centralità e grazie ai quali sarebbe possibile stimolare una riflessione sulla psicofisiologia o sulla psicopatologia dei linguaggi, per dibatterne i messaggi e l’interpretazione recepita dagli attori/spettatori.

Per tutti questi motivi, il saggio di Poma favorisce sicuramente la presa di coscienza di pericoli e vantaggi propri del
mondo digitale, fornendo preziose indicazioni per una concreta educazione civica degli utenti, che – francamente – mi pare purtroppo ancora tutta da venire.

Oggi siamo sempre più consapevoli, come spiegavo in un mio lavoro, che “Il nostro cervello è effetto e causa del divenire umano”. Forse però siamo ancora lontani dal comprendere che solo la consapevolezza può renderci realmente liberi, permettendoci di modulare efficacemente il divenire del nostro cervello e dei nostri comportamenti nella vita – reale – di tutti i giorni.

* Professore Emerito di Psichiatria, è medico, neuropsichiatra e psicoterapeuta, già 1ª Cattedra di Psichiatria all’Università “La Sapienza” di Roma e Direttore al Policlinico “Umberto I”, Presidente della Società Italiana di Medicina di Genere e Consulente Tecnico del Tribunale di Roma. Ha al suo attivo 375 pubblicazioni e 25 Libri su temi scientifici e di attualità, e svolge attività di divulgazione scientifica in Italia e a livello internazionale, spesso in collaborazione con prestigiose Università estere.

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